Lo scheletro del sito è importante quanto la sua veste grafica per questo è indispensabile pensare a come organizzare e classificare i contenuti del progetto: informazioni testuali, visuali, multimediali.

Tutto deve essere ordinato in una struttura logica e significativa dal punto di vista dell’utente.

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

Il Neuromarketing è una disciplina che studia il comportamento di acquisto dei consumatori, abbinando il marketing alla psicologia. È la base della moderna comunicazione persuasiva e si basa sulle ultime scoperte ed acquisizioni delle Neuroscienze. In particolare, sostiene una nuova visione del cervello umano come costituito da 3 parti, o meglio, da 3 cervelli (cervello trino):

•    Cervello Rettile (Istintivo)

•    Sitema Limbico (Emotivo)

•    Neo Corteccia (Razionale)

Il più antico è il cervello rettile (reptilian brain), mentre il più recente è la neo corteccia (new brain).

Il cervello rettile è il più antico fra i tre. E’ veloce, vive nel presente, è sempre vigile, fa cose in automatico senza sforzo, è inconscio e non è controllabile. A guidare le nostre scelte non è mai la parte razionale, cioè la neocorteccia; ma è il cervello rettile.

Se vogliamo avere una comunicazione efficace e convincere il nostro interlocutore, è necessario saper stimolare nel modo giusto il nostro cervello rettile.

In che modo?

Contattaci e scoprirai come!

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

“Il design non è come sembra o come appare. Il design è come funziona”.

Allo stesso modo del geometra che disegna la piantina della casa, lo user experience designer disegna gli schemi di pagina del sito. L’applicazione viene così progettata dal punto di vista funzionale specificando i comportamenti di ogni elemento dell’interfaccia e la navigazione tra i diversi ambienti.

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

Non si può fare web marketing e soprattutto non si può fare SEO su WordPress semplicemente installando un plug-in. Bisogna comunque ragionare con il cervello.

Yoast SEO è un ottimo plug-in per personalizzare i Meta tag e per creare la sitemap del sito web. STOP! Il semaforo verde non serve assolutamente a niente.

Bisogna usare gli strumenti e non farci usare dagli strumenti. La strategia SEO dobbiamo averla chiara e definita a prescindere dalle valutazioni di un plug-in.

WordPress è sicuramente un ottimo strumento per chi lavora sul web. Permette di semplificare alcuni tecnicismi e velocizza molti processi che alcuni anni fa erano molto rognosi e lunghi da eseguire. Come tutti gli strumenti però dobbiamo prendere il positivo ma ragionare con il cervello e non farsi trasportare da semafori verdi oppure da opinioni di improvvisati / cuggini di turno!

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

Prima di parlare di bias cognitivi, è bene introdurre il concetto di euristiche: escamotage mentali che portano a conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo, o meglio scorciatoie comode e rapide estrapolate dalla realtà. (2002 Kahneman e Frederick).
bias cognitivi, invece, sono euristiche inefficaci, pregiudizi astratti che non si generano su dati di realtà, ma si acquisiscono a priori senza critica o giudizio, fondati,  su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e ideologie.

Di seguito alcuni dei BIAS più comuni.

Bias di conferma
A ciascuno di noi piace essere d’accordo con le persone che sono d’accordo con noi e ciascuno di noi tende ad evitare individui o gruppi che ci fanno sentire a disagio.

Bias di Ancoraggio
O trappola della relatività, è un bias per il quale nel prendere una decisione tendiamo a confrontare solo un insieme limitato di elementi.

Fallacia di Gambler
Un altro bias cognitivo frequente è la cosiddetta fallacia di Gambler, ovvero la tendenza a dare rilevanza a ciò che è accaduto in passato, così che i giudizi attuali siano del tutto influenzati da tali eventi passati.

Bias della negatività
Comporta un’eccessiva attenzione rivolta verso elementi negativi, che vengono anche considerati come i più importanti.

Bias del pavone
(self-enhancing transmission bias): per il quale siamo indotti a condividere maggiormente i nostri successi, rispetto ai nostri fallimenti.

Bias del presente
Nel bias del presente, detto anche hyperbolic discounting, le decisioni vengono prese per ottenere una gratificazione immediata, ignorando le possibilità di guadagno differite nel tempo.

Bias di Omissione
Per bias di omissione si intende quella tendenza sistematica a preferire scelte che comportano l’omissione anziché l’azione, anche quando questo significa esporsi a rischi oggettivamente elevati.

Secondo Daniel Kahneman (pp.464-465 di Pensieri lenti e veloci – Mondadori) il nostro pensiero intuitivo non è facilmente educabile e ostacola il riconoscimento dei segnali ambientali che in certi casi renderebbero necessario il passaggio a un pensiero razionale e critico. Un osservatore esterno è sempre meno coinvolto emotivamente di colui che prende decisioni e compie azioni. Occorre quindi impegnarsi a costruire una “società critica”, nella quale ci siano “osservatori critici” che sappiano avvertirci dei pericoli insiti in certe situazioni decisionali.

Ragionate gente, ragionate!

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

Se le GIF sono state inventate nel 1987 perché il picco di massimo splendore è stato raggiunto solo negli ultimi anni?

Le persone consumano sempre più contenuti visuali (inaspettato eh?).
Lo dice la scienza: il nostro cervello elabora il significato di un’immagine 60.000 volte più velocemente rispetto a un contenuto testuale, e questo è un fatto noto da sempre a chi si occupa di comunicazione e advertising.
Nel contesto attuale però questo diventa ancora più importante, perché ognuno di noi si imbatte, ogni giorno, in una quantità di contenuti sempre maggiore: negli anni ‘70 il consumatore medio era esposto a circa 500 messaggi al giorno, nel 2006 a circa 5.000, nel 2015 questo numero era salito fino a 10.000 messaggi. E stiamo parlando solo di messaggi pubblicitari.
La battaglia per l’attenzione non va però solo combattuta con i messaggi degli altri brand, ma anche con i contenuti condivisi dai nostri amici, dai familiari, dai publisher e da migliaia di Facebook Page e account Instagram che ci fanno scrollare i loro feed all’infinito con foto di gattini o meme su Greta e Trump.
Tutte le principali piattaforme social stanno evolvendo verso una direzione sempre più visiva, sia nel modo in cui vengono distribuiti i contenuti, sia relativamente agli strumenti che permettono di crearne (cosa sarebbero ormai le Stories senza stickers).

Le GIF hanno 3 caratteristiche che le rendono uno strumento perfetto – anche per i brand – in questo contesto:
– la loro efficacia nel comunicare l’identità del brand;
– la loro capacità di raccontare una storia (AKA storytelling);
– l’impatto emotivo che riescono ad avere su chi le vede.

Insomma, le GIF sono un formato estremamente versatile ed efficace, se usate correttamente: sono abbastanza facili e dirette da funzionare anche in un contesto in cui la soglia di attenzione è sempre minore e permettono ai brand non solo di partecipare alle conversazioni, ma di esserne parte a tutti gli effetti: indossiamo brand, mangiamo e beviamo brand, e – anche con le GIF – parliamo con il linguaggio dei brand.

Quando l’intera economia si espande o si contrae si ha rispettivamente un rialzo o un crollo dei mercati.

I mercati che seguono un andamento rialzista vengono talvolta definiti “mercati toro”, dall’espressione inglese bull markets, mentre quelli in cui i prezzi tendono ad abbassarsi prendono il nome di “mercati orso” o bear markets.

I mercati toro accompagnano spesso i periodi di boom economico: gli investitori si mostrano ottimisti verso le prospettive economiche e acquistano azioni di società. Quando l’economia comincia a perdere colpi, si verifica un processo contrario. Gli investitori con il mercato in ribasso, tendono a vendere le proprie quote.

Negli anni Novanta, le azioni americane erano in una fase “toro” a causa della bolla della Dot-com, mentre un importante periodo “orso” ha avuto luogo durante la Grande Depressione.

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

parlare di sé stessi è intrinsecamente gratificante

Lo dimostra un articolo apparso sulla rivista PNAS, voce ufficiale dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti d’America. Lo studio sostiene che parlare di sé fa azionare nel cervello alcuni meccanismi di gratificazione, paragonati ai meccanismi che scaturiscono in noi quando qualcuno ci fa un apprezzamento personale.
La diffusione di Internet e lo sviluppo dei Social Network, ha dato il via al fatto che tutti possano avere la propria vetrina pubblica personale e permettersi quei famosi 15 minuti di notorietà, come predetto da Andy Warhol nel 1968. Circa il 70 % dei contenuti pubblicati dagli utenti sui Social Network riguarda questioni legate alla sfera personale.

la gratificazione è dettata dalla chimica

Ogni volta che proviamo una soddisfazione dettata da una ricompensa, abbiamo l’attivazione di alcune aree del cervello che producono dopamina. La Dopamina è il prodotto chimico che media il piacere nel cervello. È rilasciata durante le situazioni appaganti e, oltre a dare una sensazione di grande benessere, ci stimola alla continua ricerca di ciò che ci ha dato piacere.

la dopamina influenza i nostri pensieri e involontariamente le nostre azioni

Basta aprire Facebook o  Instagram, per rendersi conto che su molti profili sia personali che di pseudo branding di giovani ragazze, ma anche non più giovani,  duck face, side boob, culo e tette, spopolano e sicuramente attirano l’attenzione e like di cyber guardoni, ma quasi mai, anzi mai, si rivelano una buona strategia di marketing (così come l’acquisto presso vari “marketplace illusori” della visibilità online, vedi i fantomatici 1milione di fan) per la persona che scegli di promuoversi attraverso il proprio fisico.
La mente è ingannevole e ci porta all’illusione nella maggior parte dei casi di star procedendo nella promozione “marketing di sé stessi” corretta, facendoci credere che per farci notare, il proprio corpo sia il mezzo migliore. In realtà la nostra mente è in cerca della dopamina prodotta proprio dalla sensazione di gratificazione che nasce ascoltando e leggendo gli apprezzamenti che inevitabilmente una foto di un “bel corpo denudato” attira.

se parlare di sé stessi è intrinsecamente gratificante, quanto ci può gratificare sentire come il nostro aspetto fisico sia apprezzato??

Per diventare “famose”, ci vuole anche qualcosa in più… e soprattutto, cambiate consulente!

dott. Alberto Bellomo
Marketing Manager – MT Promozione

«Il terrorismo è un modo di comunicare. Senza comunicazione non vi sarebbe il terrorismo». Purtroppo la frase, pronunciata nel 1978 dal sociologo canadese Marshal McLuhan, avrebbe ritrovato un pieno significato ai giorni di oggi. I crescenti attentati rivendicati da gruppi terroristici negli ultimi tempi e il ricorso ai mezzi digitali per diffondere il loro messaggio, hanno condotto ad un ridimensionamento del tradizionale concetto di terrorismo. La comunicazione del terrore diffusa da gruppi come lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS o Daesh) ne è la prova: parliamo di una strategia comunicativa complessa e coerente che ha saputo sfruttare tutti i vantaggi che le tecnologie hanno messo a disposizione e, cosa ancor più importante, che ha saputo fare leva sulle debolezze umane di oggi e di sempre: la paura e il senso del pericolo.

dott. Alberto Bellomo
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